Epidemie del terzo millennio: come scoppiano e si diffondono le crisi di reputazione online

Crisi di reputazione - reputazione online

Crisi di reputazione: come prevenirle e affrontarle?

Oggi, nessuno è veramente al sicuro. Non per essere allarmista, ma purtroppo è la verità. Nonostante le ricerche di mercato, le nostre aziende e perfino noi stessi non siamo al sicuro da un nuovo tipo di epidemie: le epidemie online.

Possono essere epidemie di bufale, di notizie false (le famose “fake news”) oppure notizie vere che vengono ingigantite all’inverosimile.

Più virali di vaiolo e aviaria, queste epidemie online attaccano singole persone, singole aziende o in certi casi interi settori. Li stravolgono per sempre e rovinano in pochi secondi una reputazione costruita con sudore e fatica per anni e anni!

Ti faccio qualche esempio. Cosa pensi se ti dico “olio di palma”? Oppure “diesel VolKswagen”? O ancora, se ti cito il presentatore Flavio Insinna? 

In tutti e tre i casi, immagino che la prima cosa a venirti in mente sono gli scandali che si sono scatenati in questi anni.

L’olio di palma è stato attaccato fino a costringere la maggior parte dei produttori dolciari a eliminarlo dai suoi ingredienti.

Alla Volkswagen il caso “dieselgate” è costato quasi 30 miliardi di euro (dati della scorsa settimana), e pagherà il ritorno in percezione negativa per decenni.

E Flavio Insinna ha visto crollare una reputazione impeccabile costruita in anni di onorata carriera. Ha perso i suoi sponsor e anche alcuni ingaggi, e tutto per un solo momento di debolezza e un video pubblicato online.

Cosa hanno in comune questi tre casi?

Sono tutti fenomeni mediatici nati in sordina, attorno a una ricerca scientifica, un errore aziendale o un video condiviso online. 

Da là si sono diffusi a macchia d’olio, infiammando il web come un vero e proprio incendio. E hanno causato problemi a non finire a un settore, a un’azienda e a una singola persona.

Ma come fanno a diffondersi queste crisi di reputazione? 

La risposta è ovvia: grazie al Web. Già, ma come funziona questo fenomeno, e come mai certi scandali sono più infiammati di altri?

Se lo sono chiesto anche gli studiosi, che da anni stanno cercando di elaborare modelli matematici per spiegarlo.

La prima cosa che hanno scoperto è che il processo è molto simile a quello delle epidemie vere e proprie. 

Quando scoppia un’epidemia, ad esempio un’influenza in un campus universitario, tutto inizia con uno studente malato. Può guarire e tornare ai suoi studi, oppure può contagiare tutti i suoi compagni, facendo scoppiare un’epidemia.

Da cosa dipende? Secondo gli scienziati dell’Università di Torino, che hanno descritto il fenomeno in questo studioil fattore determinante è il livello di mobilità e attività di questo studente

È ovvio, no? Se lo studente malato non ha amici e se ne sta nella sua stanza a studiare, il focolaio morirà ben presto e non si scatenerà alcuna epidemia. 

Se invece lo studente malato è molto attivo, con tanti amici con cui trascorre tanto tempo, contagerà in breve alcuni del suo gruppo. E da qui in modo esponenziale, a seconda di quanto a loro volta sono attivi i suoi amici e di quanto attivo è il suo gruppo nel complesso. 

epidemic-transmission.jpg

Ci sono poi diverse tipologie di epidemie: quelle esplosive, che scoppiano in pochi secondi e che poi scemano, e quelle latenti, che hanno periodi di incubazione molto lunghi e possono venire a galla anche dopo tanto tempo. 

Questo modello vale per le epidemie di influenza, di colera… e di bufale! Anche i messaggi e le notizie online si trasmettono seguendo lo stesso principio: iniziano con poche persone e poi si espandono quanto più queste persone sono connesse con altre persone, mobili e attive. 

Chiaro, ma sorge qui un dubbio. Nel caso in cui la notizia sia falsa, non verificabile o in ogni caso discutibile, c om’è possibile che le persone si lascino contagiare come farebbero con il virus dell’influenza?

Davvero le persone non verificano la notizia prima di crederci?

Una prima risposta è già insita nel fatto che se la notizia proviene da una persona molto visibile e molto attiva, le altre persone sono portate a considerarla autorevole e a credere a ciò che dice senza farsi domande. 

Guida gratuita 5 rischi marketing strategia

Ma non basta: dietro alla diffusione virale delle notizie, un altro gruppo di studiosi italiani ha individuato la presenza di altri fattori essenziali.  Il loro studio è stato perfino pubblicato su Nature, ed è un passo avanti per capire come fuzionano questi fenomeni! Vediamo di capire i punti principali.

Per far sì che una notizia diventi realmente virale, devono verificarsi tre fattori:

  1. Una fortissima polarizzazione delle opinioni espresse, con opinioni molto a favore e opinioni molto contrarie; 
  2. La presenza di tribù organizzate, gruppi chiusi in cui tutti la pensano allo stesso modo e nessuno è disposto ad ascoltare le opinioni dei gruppi “nemici”;
  3. La circolazione delle informazioni estremamente semplice

La spiegazione dietro a questi tre fattori è chiara. 

Le persone hanno la tendenza ad auto-rinforzare le proprie credenze. E nessuno vuole essere smentito! 

Quando sentiamo una notizia, siamo portati a crederci quanto più quella notizia aderisce al nostro sistema di credenze, a ciò di cui siamo già convinti. 

E tanto più i nostri “pari” sono convinti di una cosa, tanto meno ci facciamo domande sulla sua veridicità. 

Quando poi le persone con idee simili riescono a essere facilmente in contatto, grazie a forum, blog e gruppi sui social, auto rinforzano la notizia iniziale. La ingigantiscono e la amplificano esponenzialmente, spesso distorcendola ed eliminando qualsiasi obiezione contraria.

A uscirne non è un dialogo costruttivo in cui si valutano diverse opzioni. Ne esce un unico punto di vista polarizzato in una direzione (spesso negativa).

E questo punto di vista si trasmette online, arrivando a chi non ne sa nulla dell’argomento come una verità incontrovertibile.

Pensa ad esempio al caso dell’olio di palma che ti ho citato prima. Se ricorderai, in questo caso la guerra era tra due gruppi molto chiusi: i sostenitori della nocività dell’olio, e quelli che invece lo proteggevano.

Due gruppi fortemente polarizzati, con opinioni del tutto opposte… ed entrambe le opinioni potevano basarsi su ricerche scientifiche e fonti autorevoli che sostenevano la posizione!

Il gruppo dei contrari, tuttavia, era molto più forte dell’altro. Perchè? Perchè era una vera e proria “tribù” di persone attente alla salute, all’ambiente e cotrarie alle multinazionali.

Le persone si riconoscevano in forti valori e avevano un forte senso di appartenenza. 

Si scambiavano informazioni tramite blog, pareri di persone influenti e gruppi su Facebook. In questi gruppi, invece di dibattere tra loro per capire come stanno le cose realmente, le persone non facevano altro che rinforzare ulteriormente la loro opinione e quindi quella di tutto il gruppo.

Aggiungevano prove su prove per alimentare la loro idea e non lasciavano che alcun dubbio esterno potesse incrinarlo!

I media hanno contribuito a diffondere questo fenomeno su scala nazionale, facendo sì che l’intera percezione dell’opinione pubblica fosse totalmente distorta, parziale e polarizzata.

Lo stesso fenomeno si verifica ogni giorno su centinaia di notizie e argomenti. 

Dalle vere e proprie fake news, a ricerche scientifiche di ogni tipo che vengono spesso travisate, prese come dati assoluti a sostegno di teorie che alcune persone sono più che felici di sostenere. 

Anche nei casi in cui le aziende o le persone abbiano davvero fatto degli errori, come nel caso di Volkswagen e di Flavio Insinna, il ritorno mediatico che ne esce è esageratamente amplificato rispetto a un caso normale. La notizia originale si carica di elementi negativi e diventa ancora peggiore di quello che è! 

Questo problema, come dicevo all’inizio, tocca tutti. 

Non puoi mai sapere se una innocua protesta di un tuo cliente si trasformerà in un problema mediatico. O se qualcosa pubblicato online su di te, su un tuo dipendente o un tuo superiore infiammerà gli animi del pubblico.

E se stai pensando che tanto di te e della tua azienda non parla nessuno, potrebbe nascere uno scandalo che coinvolge il tuo settore! 

Un materiale o un ingrediente di ciò che vendi potrebbe essere messo sotto esame. Oppure i tuoi clienti potrebbero cambiare repentinamente i loro gusti e fattori di scelta.

Ma non disperare, perché è un modo per mettersi al sicuro esiste! 

Non per eliminare il rischio, perchè quello ci sarà sempre. Come quando viaggi in automobile, il rischio di incidenti c’è sempre non è vero?

Quindi cosa fai? Previeni il rischio a monte, controllando che la tua auto sia a posto con tagliandi e revisioni. E poi, nel caso l’incidente si verifichi, ti fai una bella assicurazione per evitare che i danni siano disastrosi. 

Con gli scandali mediatici e le crisi reputazionali puoi fare lo stesso. Puoi tenere sotto controllo la pentola a pressione del web ed essere il primo ad accorgersene quando esplode.

Quindi se esplode, puoi verificare come l’epidemia si propaga, individuare i responsabili della propagazione e prendere le dovute contromisure.

Il sistema anticrisi per fare tutto ciò è semplice: ascoltando la rete.

Grazie all’ascolto della rete, sei il primo a sapere cosa dicono le persone sul web. Puoi captare non solo i media, come faresti con una rassegna stampa, ma perfino le conversazioni sui social network, i forum, le recensioni di prodotti. 

Le puoi intercettare prima che arrivino sui media e che sia già troppo tardi!

Quindi il mio consiglio è questo: non lasciare che sia troppo tardi prima di iniziare ad ascoltare la rete. 

Scegliere di subire passivamente ciò che succede sul web è la scelta peggiore che un’azienda – e perfino un professionista – può fare. 

Oggi esistono strumenti e metodi che ti danno la possibilità di ascoltare chi parla di te e della tua azienda, e chi parla del tuo settore.

Puoi sapere quali sono i temi caldi e le nuove tendenze e tenerle sott’occhio. E puoi smettere di vivere all’oscuro di tutto, pregando in ginocchio che il prossimo scandalo non impatti anche te! Se non stai ancora ascoltando la rete e non sai da che parte cominciare, non preoccuparti. Non è colpa tua: sono attività nuove che fino a qualche anno fa non esistevano.

Per questo sono qui per aiutarti! Ti basta contattarmi nella pagina che si apre cliccando qui e vedremo insieme cosa può esserti più utile nel tuo caso: “Attiva il tuo sistema anticrisi!”

Lasciami i tuoi contatti, ti chiamerò e ne parleremo tranquillamente davanti a una tazza di the (virtuale).

Occhi aperti e orecchie tese!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *